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In circolo è una serie di interviste e chiacchierate con i nuovi circoli ARCI in città, per scoprirne i progetti e le attività e conoscerne idee, sogni e prospettive.
Siamo andate a trovare Teatro Ebasko. Ci accolgono in Piazza dei Colori, un quartiere periferico di Bologna, in un pullulare di bambini e famiglie, trovandoci, così, ad assaporare già l’ambiente dove il circolo ha la propria sede. Parliamo con Simone Bevilacqua, presidente dell’Associazione e regista della compagnia, e Antonio, insieme a lui fondatore dell’Associazione e antropologo.
Iniziamo subito con un excursus su come siete nati.
Nel 2013, insieme ad alcun3 student3 del DAMS, abbiamo ideato un’associazione che si focalizzava su teatro, cinema, musica e arti visive. Per due anni abbiamo organizzato rassegne e girato vari luoghi della città. Durante questo periodo si è formato un gruppo all’interno e uno dei ragazzi mi chiese di scrivere la regia di uno spettacolo, era il 2015. Così abbiamo scritto questa tragicommedia grottesca e l’abbiamo messa in scena con 10 attori e attrici, conosciut3 sempre nell’ambiente del DAMS. Da lì siamo partit3 con un anno di repliche e poi è nato Teatro Ebasko, nome che proviene dal greco ἡβάσκω. Verbo coniugabile solo al presente e significa “eterno ringiovanire”, proprio come il teatro. Attualmente gestiamo una sede a Bologna, a Roma e Melissa, in Calabria.
Prima di arrivare al fulcro della vostra attività, volevo chiedervi quant3 siete attualmente?
Allora, attualmente siamo due. Il nostro gruppo non è fisso, diciamo che ci siamo avvicinat3 e allontanat3 nel corso degli anni ma il fil rouge è stato sempre il nostro festival in Calabria. Comunque oltre me e Antonio, c’è Marzia, attrice e formatrice, e Domenico, altro fondatore dell’associazione, videomaker e sound designer.
Un bel gruppo variegato. Entrando nel vivo dell’attività: cosa proponete?
Il teatro che proponiamo non è solo teatro: cerchiamo di creare un’opera d’arte a tutto tondo, ibridando vari linguaggi artistici; cerchiamo di creare un’esperienza a 360 gradi, una rappresentazione teatrale che dialoga con tanti altri linguaggi. Poi abbiamo tutte le offerte trasversali: workshop, laboratori, danze kathakali, una serie di attività che portano avanti la nostra idea e il nostro modo di fare teatro. Ad esempio, lo spettacolo che abbiamo all’attivo ora, Circe, basato sulla figura mitologica della maga e tratto dal romanzo di Madeline Miller, non è semplice teatro ma unisce anche l’arte circense, perchè è una Circe sui trampoli, ma sono presenti anche proiezioni digitali.
E poi abbiamo questo nuovo progetto, da due anni, che è lo YIAS (young international art symposium): un simposio per dare voce all’arte contemporanea e che dà vita alla figura del mediatore artistico. L’idea è nata durante il Festival RaMe nel 2020 in cui Antonio aveva partecipato come antropologo, indirizzando la fase di ricerca pre espressiva e costruendo da lì lo spettacolo. Abbiamo pensato che sarebbe stato molto bello farlo sempre e così lo abbiamo portato avanti. Si tratta di far dialogare studios3 e professor3 con artist3 attraverso la figura del mediatore e tramite il coinvolgimento di giovani da tutto il mondo si costruisce un dialogo su varie tematiche, su quello che viviamo; l’obiettivo è quello di stimolare a ragionare su determinate tematiche, attraverso nuovi metodi di ricerca e analisi. Lo YIAS ci è d’aiuto sicuramente nella parte storica data la nostra volontà di portare in strada temi epici e mitici.
Il progetto ANARCHIE, invece, di cosa si occupa?
Il progetto ANARCHIE è il Centro di Ricerca e Formazione Teatrale per attori e attrici, nato nel 2021 e consiste in workshop intensivi che si svolgono una volta al mese. L’intento è quello di professionalizzare coloro che desiderano intraprendere una carriera nel teatro. Non seguiamo un metodo specifico: condividiamo quello che è il nostro training e la nostra esperienza di formazione e incoraggiamo le persone a condividere i propri esercizi, di qualunque disciplina facciano parte, cercando dei punti di convergenza con il teatro.
Le sedi di Teatro Ebasko, sia a Bologna sia a Roma, sono situate in periferia: la prima in Piazza dei Colori e la seconda a Centocelle; anche il Festival che portate avanti da anni in Calabria è comunque in una zona particolare. Cosa vi spinge a scegliere determinati territori? quale legame avete?
Sia a Roma che Bologna, appunto, siamo in aree periferiche della città e Melissa, anche, è una città con vari problemi, tra cui lo spopolamento. Sicuramente i luoghi di periferia parlano di più rispetto al centro: a Bologna, in particolare, il centro di transito per l3 student3, mentre qui dove siamo noi si trovano famiglie con difficoltà o comunque che non hanno un facile accesso ad un’offerta culturale. Il territorio parla e lo dobbiamo ascoltare, stiamo cercando di capire cosa fare in questo spazio, dato che lo abbiamo da poco.
Ebasko si muove in realtà periferiche e troviamo particolarmente stimolante vivere e lavorare nella conflittualità di queste situazioni, dove si trovano molte realtà culturali e varie compagnie che lavorano con bambin3. C’è bisogno di un intervento culturale profondo ed è un processo che richiede tempo e dedizione.
Qual è l’approccio distintivo che utilizzate per creare gli spettacoli?
È un processo di collaborazione: iniziamo dalla definizione di un tema, che spesso ma non sempre è proposto da me in base a ciò che mi interessa in quel momento. A partire da questo tema vengono avanzate proposte creative e si inizia a costruire lo spettacolo. Attori e attrici sono parte fondamentale del processo creativo e hanno la possibilità di proporre idee e contribuire alla messa in scena, avvalendoci anche di espert3 di teatro.
Per il futuro cosa vi augurate?
Sicuramente la volontà è di continuare a far girare lo spettacolo Circe: ora sta vivendo, lo abbiamo portato in Spagna, ma il sogno è una tourneè in America Latina. Far crescere lo YIAS e anche il Festival in Calabria.
Tre parole che rappresentano Teatro Ebasko.
Libertà, anarchia e lavoro.